ESCLUSIVA TMW – Verso Frosinone-Palermo, Giammarva: “I palloni in campo nel 2018 la fine rosanero”
Correva l’anno 2018. Frosinone-Palermo è stata una delle pagine più brutte sul piano dell’etica sportiva. La finale di ritorno di playoff di B è stata condita dai palloni in campo gettati a valanga dai calciatori ciociari che hanno sancito la loro promozione ai danni del Palermo. “È stata una bruttissima giornata. C’era tanta speranza che le cose potessero andare bene e di salvare il Palermo da una situazione che ritengo ancora oggi surreale”, dice a Tuttomercatoweb Giovanni Giammarva, commercialista e all’epoca presidente del Palermo.
“Tutto. Ho avuto la fortuna o sfortuna di trovare una registrazione e in estate ho rivisto la partita. Vederla mi ha sconvolto ancora di più. La tv che riprendeva i calciatori del Frosinone che gettavano i palloni in campo aggiunta alla loro quasi aggressione nei confronti dell’arbitro quando aveva dato un rigore a nostro favore salvo poi ritornare sui suoi passi rimarranno nella mia mente. Quella partita è finita e si è capito dall’invasione di campo e non dal fischio finale. L’unica nota positiva è il Presidente Stirpe, che mi ha chiamato il giorno dopo la partita: è una grande persona, un uomo perbene”.
“No. Non sono mai stato un appassionato di calcio, poi sono cambiati gli interpreti. Nella vita bisogna essere indulgenti e nello sport ci si deve comportare secondo le regole”.
Quella partita con la mancata promozione è stata decisiva per le sorti del Palermo.
“La fine. Il sipario calato definitivamente su quel Palermo. Poi con l’arresto di Zamparini sono cambiate tante cose. Non ho mai capito perché sia iniziato tutto quell’accanimento nei confronti del Palermo che poi ha portato al suo fallimento. Prima di accettare il ruolo di presidente avevo fatto un’analisi di tutti i bilanci delle società di Serie A per vedere dove si collocasse il club rosanero, non era assolutamente in una situazione precaria come l’hanno descritta e per questo ho accettato l’incarico. Serviva una persona che prendesse per mano le redini finanziare della società. Secondo me non c’erano i presupposti per il fallimento tant’è che poi non è fallita, invece si sono verificati dei fatti mirati costati un sacco di soldi ai cittadini. E la città ha perso qualcosa che era sinonimo di ricchezza. A marzo ha giocato in città l’Italia, ricordo un grande movimento e ho pensato che lo avremmo avuto anche noi ogni settimana se nessuno avesse cercato di affossare il Palermo. Ci sarebbe stato un ritorno economico importante per la città, il danno è stato notevole sul piano economico e sociale”.
Lei è stato assolto dal Tribunale di Palermo.
“Finalmente c’è stato un tribunale vero, molto attento a leggere le carte e capire i meccanismi. Lo dico con la massima sincerità perché di contro se fossi stato colpevole e condannato dentro di me avrei detto ‘hanno ragione’. Lo avrei ammesso. Hanno fatto giustizia, i magistrati hanno compreso come sono andate le cose. Non avrei mai voluto e tra l’altro potuto ostacolare il lavoro della Covisoc anche in virtù di contatti precedenti alla mia gestione tra l’ente e la società”.
Le piacerebbe tornare nel calcio?
“Quel periodo è stato bellissimo, nonostante tutto ciò che ho subito. Durante la mia gestione il Palermo non è fallito, ho risanato i conti. Si, un giorno mi piacerebbe rientrare nel mondo del calcio, non da presidente perché da troppa visibilità che a me non piace; con un altro ruolo si. Il calcio è un mondo particolare, ma entusiasmante”.