“Palermo, Stulac l’organizzatore: ‘Io, Pirlo e il sogno A'”, titola il Corriere dello Sport in edicola oggi.
Leo Stulac, ma è vero che il suo mestiere va scomparendo? «Quello di
centrocampista arretrato? È vero, purtroppo. E mi permetto di dire che è
un peccato. Qualsiasi squadra avrebbe bisogno di un buon regista».
Uno come lei? «Uno come Andrea Pirlo. È sempre stato il mio modello:
la visione di gioco, la precisione dei passaggi. Non ricordo come stesse
in campo il mio allenatore Corini, però mi rendo conto quando parliamo
che mi capisce al volo. E io capisco lui».
Come allenatore Pirlo non ha avuto lo stesso successo. «Sono due
mestieri diversi. E poi Pirlo non ha avuto la possibilità di accumulare
abbastanza esperienza. Gli darei tempo. Io oggi come oggi non mi vedo in
quel ruolo. Bisogna parlare tanto e a me non va».
Lei e il Palermo siete qui dove si allenano i fuoriclasse del
Manchester City e dove Guardiola dirige la squadra. È solo un viaggio di
lavoro o riuscite ancora ad avvertire un po’ di passione rispetto a
queste cose? «Lei parla a me di passione? Guardi qui, la parola
“Passion” ce l’ho tatuata bella grande sulla coscia. Certo che è
appassionante stare qui, capire come si lavora in realtà così grandi.
Non nascondo che viene la voglia di restarci, persino».
Pensa di poter migliorare ancora, a due giorni dai ventotto anni?
«Come qualsiasi altro giocatore. Secondo me non si arriva mai a un punto
in cui si deve dire: ecco, ho dato il meglio di me».
Ha un’ampia esperienza di Serie A, si ritrova in B. Che cosa cambia?
«Di sicuro in A c’è una qualità maggiore. In B bisogna arrivare
mentalmente preparati a cambiare il modo di muoversi, aspettarti un
impegno psicofisico più intenso. Qui non si gioca a calcio tanto quanto
vorremmo. Sono più battaglie che partite. Proprio per questo è un
campionato molto difficile».
E il Palermo ne verrà a capo? «Con il lavoro quotidiano. Senza stare
troppo a pensare agli obiettivi che ottieni e a quelli che ti sfuggono.
Bilanci solo alla fine del torneo» […].